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10/10/2002 | Sulla restrizione dei diritti religiosi del Popolo Uyghuro
Audizione del Comitato sui Diritti Umani della Commissione Affari Esteri del Senato della Repubblica italiana
Intervento di Enver Can, Presidente del Congresso Nazionale del Turkestan Orien

Nel 1949, l’Esercito di Liberazione cinese occupò il Turkestan Orientale, un paese nel centro dell’Asia e patria del popolo uyghuro. Attualmente, questo paese occupato è una provincia coloniale cinese denominata Regione Autonoma dello Xinjiang Uyghuro (XUAR).

Studiosi occidentali, archeologi ed inviati cinesi che viaggiarono attraverso tutto il Turkestan Orientale hanno spesso espresso il loro alto grado di apprezzamento e stima per il livello di civilizzazione uyghura. Ad esempio, Wang Yen De, che servì come Ambasciatore cinese presso il Regno uyghuro tra il 981-984 AD, scrisse:

“(…) fui impressionato dall’ampio grado di civilizzazione che ho trovato nel Regno uyghuro. La bellezza dei templi, torri, giardini, monasteri, affreschi, statue, case e palazzi costruiti in tutto il Regno non può essere descritta. Gli uyghuri sono molti abili nell’artigianato derivato dalla lavorazione dell’oro, dell’argento, nella preparazione di vasi e ceramiche. Qualcuno dice che Dio ha infuso questo talento solo in questo popolo. Il Regno è un paese ricco. Non ci sono poveri. Non c’è fame. Il Regno ha dato vita ad un sistema per cui lo stato ed il popolo sostengono i poveri. Questa è la ragione per cui nessuno si scontra con una prematura morte per fame (…)”.

Lo studioso e archeologo tedesco Albert Von Lecoq scrisse nel suo giornale:

“(…)Comparati agli europei del Medio Evo, gli uyghuri erano molto più avanzati. Documenti scoperti nel Turkestan Orientale provano che un agricoltore uyghuro potevano redigere un contratto, usando la terminologia legale. Quanti agricoltori europei avrebbero potuto fare lo stesso in quel periodo?(…)”.

Lo studioso tedesco Laszlo Rasonyi commentò:

“(…) nel Medio Evo la poesia, la letteratura, il teatro, la musica così come la pittura cinese furono fortemente influenzate dagli uyghuri. Gli uyghuri conoscevano come stampare libri secoli prima che Gütenberg inventasse la sua stampa (…)”.

Sotto l’occupazione coloniale cinese, gli uyghuri hanno sperimentato una vita di lotta per la sopravvivenza. I loro fondamentali diritti e libertà, inclusi i diritti civili, sociali, politici, economici e specialmente religiosi, continuano ad essere violati e spesso ne sono completamente privati. E’ molto comune nell’attuale Turkestan Orientale che uyghuri vengano arrestati, imprigionati e spesso giustiziati dalle autorità cinesi. Tra quelli i cui diritti sono violati ci sono intellettuali, studiosi religiosi, uomini di affari, studenti e contadini. Gli uyghuri vengono perseguitati solo perché sostengono una aderenza ai diritti umani e chiedono una condivisione di eguali diritti nella vita sociale, politica ed economica con i cinesi.

Amnesty International ha affermato che il Turkestan Orientale è l’unico posto in Cina dove i prigionieri politici sono sistematicamente giustiziati. Amnesty International ha registrato 210 condanne a morte e 190 esecuzioni nel paese in due anni, dal 1997 al 1999. Anche dopo la pubblicazione del rapporto di Amnesty International nell’aprile 1999, la Cina ha giustiziato più di 100 uyghuri ogni anno. Centinaia sono stati imprigionati per sospetto nazionalismo, separatismo e per il cosiddetto estremismo religioso. Comuni sono la tortura e la scomparsa di uyghuri.



L’attitudine restrittiva alla religione nella filosofia comunista cinese viene chiaramente espressa nei media cinesi:

“Libertà di credo religioso non è libertà di religione”

(Il Xinjiang Daily, 18 maggio 1996)

“Nell’adempiere il lavoro religioso, noi dobbiamo sostenere punti di vista scientifici e materialistici”.

(Ye Xiaowen, Direttore dell’Ufficio di Stato degli Affari Religiosi, 16 gennaio 2002).

La pratica religiosa è stata severamente ristretta nel Turkestan Orientale, così come in Cina, dagli anni ’50. Recentemente, le autorità cinesi hanno sostenuto che movimenti islamici radicali all’estero ispiravano alcuni gruppi separatisti uyghuri e leader religiosi. Osservatori indipendenti ed esperti indicano come la identificazione uyghura con l’Islam così come le loro pratiche religiose sono basate principalmente sulla identità etnica e sul patrimonio culturale, ed hanno poco in comune con le forme dell’islam predicato da certe scuole in alcuni paesi. Hanno anche sostenuto che le radici del diffuso malcontento ed agitazione tra gli uyghuri sono legati alle politiche governative nella regione – incluse le politiche che favoriscono ineguaglianze e discriminazione razziale – piuttosto che alla influenza di movimenti islamici stranieri.



L’Islam è strettamente connesso alla cultura ed identità uyghura.

Conseguentemente, la Cina è determinata a distruggere l’Islam nel Turkestan Orientale al fine di concretizzare il suo piano di assimilazione degli uyghuri e degli altri musulmani. La religione (l’Islam) è ufficialmente proclamata come la maggiore minaccia alla stabilità. Tutte le scuole religiose sono strettamente messe al bando. Molte moschee sono state chiuse e la costruzione di nuove è ristretta. Il governo ha formato Imam che sono stati spediti in ogni moschea. Dottrine comuniste vengono elaborate durante servizi religiosi. Gli stessi servizi religiosi non possono tenersi senza l’autorizzazione delle organizzazioni locali affiliate al Partito Comunista. Persone coinvolte in attività e studi religiosi non autorizzati possono trovarsi nella situazione di dover pagare pesanti ammende, di essere maltrattatati ed imprigionati– spesso giustiziati.



Molte pacifiche ma non autorizzate riunioni religiose hanno subìto raid dalla polizia, e coloro i quali le frequentavano sono stati arrestati e condannati a lunghi periodi di detenzione. Gli impiegati governativi sarebbero bruciati se andassero alle moschee per qualsiasi ragione.


L’espressione religiosa degli uyghuri è anche unica per la loro identità etnica, riflettendo il loro sviluppo culturale e storico. Allo stesso tempo la loro identità etnica è stata adattata negli anni al loro incontro con varie fedi religiose.

Il primo sciamenesimo praticato dagli uyghuri, quando erano una tribù nomade nella Yenisey River Valley della Siberia, è ancora oggi visto nelle cosiddette “superstizioni” dell’Islam popolare. La danza del fuoco nel repertorio della musica classica uyghura esprime l’incontro degli uyghuri con lo zoroastrismo , antica religione di origine persiana importata nell’Asia centrale. L’emergere degli uyghuri come leader di una confederazione tribale coincise con l’adozione da parte della loro élite del manicheismo, un’altra importazione di origine persiana. Il primo Impero uyghuro adottò anche la scrittura sogdìana (persiana) al fine di comprendere le scritture religiose del profeta Mani e dei suoi seguaci.

Successivamente, quando gli uyghuri lasciarono la Siberia per stabilire una nuova patria nel bacino del Tarim del Turkestan Orientale, adottarono il buddismo, che divenne la fede dominante del “Great Silk Road2 dall’Afghanistan al Giappone. Gli uyghuri furono anche i primi della più antiche civiltà ad esercitare libertà di religione. Nelle rovine delle antiche città ritrovate nel deserto del Taklamakan, ci sono documenti ed affreschi provenienti da varie fedi religiose. Il grande viaggiatore veneziano, Marco Polo, vide le chiese nestorìane vicino alle moschee nell’antica città di Kashgar. Nello stesso periodo in cui Marco Polo venne in Cina, un monaco uyghuro cristiano nestorìano viaggiò dalla corte di Kublai Khan a Roma. E’ un divertente fatto di storia che Rabban Sauma, un “eretico” nestorìano dall’Impero mongolo aveva in comune con il Papa a Roma e con il Re d’Inghilterra e di Francia.

La libertà di movimento uyghura è stata distinta dalla sua apertura di uno spirito ecumenico. Gli uyghuri sono conosciuti per la loro ospitalità, così che non è una sorpresa che la libertà di movimento degli uyghuri include lavoratori musulmani, cristiani, buddisti ed ebrei, che lavorano insieme per la sicurezza della libertà e della pace. Nonostante il proselitismo di missionari arabi e pakistani, gli uyghuri nell’Asia centrale, non aveva abbracciato il wabbismo arabo, o l’estremismo trovato in Pakistan ed in Afghanistan. Tradizionalmente musulmani sunniti, gli uyghuri sono stati influenzati storicamente dal sufismo. I sofisti, nel loro desiderio di conoscere l’amore personale di Allah, non sono stati storicamente aggressivi, sebbene essi furono dei conservatori della fede contro l’ateismo comunista portato durante gli anni della dominazione cinese e sovietica. Le teocrazie dell’Iran e dell’Afghanistan non saranno il modello religioso per il ventunesimo secolo della nazione uyghura.

Il regime di Beijing, con la sua potente politica di soppressione, ha terrorizzato e cercato di criminalizzare le popolazioni civili all’interno del paese e all’estero, cercando di fuorviare la comunità mondiale nel credere che è una lotta contro l’estremismo religioso, contro il terrorismo e separatismo. Infatti, Beijing sta praticando una politica di “genocidio”, di “pulizia etnica” e di “terrore di stato” contro il dissenso pacifico al suo pesante ruolo.

Il reale scopo del regime cinese è portare a termine la sua politica di assimilazione e marginalizzazione dei musulmani del Turkestan Orientale nel loro stesso paese. Come il movimento democratico e non-violento della diaspora del popolo del Turkestan Orientale iniziò ad attirare l’attenzione della comunità mondiale durante i recenti anni, il regime di Beijing si allarmò.

Il successivo paragrafo è tratto da un documento segreto del Consiglio del Partito Comunista cinese, emanato nel marzo 1996:

“(…) Attraverso la diplomazia, pressare questi paesi affinché limitino ed indeboliscano le attività delle forze separatiste all’interno dei loro confini. Prendere pieno vantaggio della nostra superiorità politica per sviluppare ulteriormente la co-operazione bilaterale in modo amicale con questi paesi. Contemporaneamente, mantenere sempre uno stato di pressione su loro.

Considerare le attività del separatismo etnico fuori dal confine, portare a termine i necessari dialoghi e lotte. Rafforzare investigazione e studio fuori dal confine. Collezionare l’informazione sulle relative direzioni di sviluppo di eventi, ed essere in particolar modo vigili e prevenire, con ogni mezzo, le forze separatiste esterne dal fare del cosiddetto problema del “Turkestan Orientale” un problema di ordine internazionale. Dividere le forze separatiste esterne, persuadere la maggior parte ed alienare il rimanente piccolo numero e combatterli. Stabilire delle basi nelle regioni o città con un’alta percentuale di presenza di popolazione cinese. Sviluppare diversi tipi di propaganda. Aprirsi e diventare amici e limitare le attività separatiste al più alto livello(…)”


Di conseguenza, le autorità cinesi stanno usando la loro ampia macchina di controllo di stato e di propaganda per utilizzare la lotta internazionale contro il terrorismo.

Dagli attacchi terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti d’America, la Cina sta cercando di disinformare la comunità mondiale descrivendo la nazione uyghura come “terrorista”. In questo modo, cercano di giustificare la loro politica di soppressione contro l’intera popolazione uyghura nel Turkestan Orientale.

In linea con la politica cinese, le nuove emergenti Repubbliche nell’Asia centrale, quali il Kazakhstan, il Kyrgyzstan e l’Uzbekistan, deboli economicamente, politicamente e militarmente, si sono ritrovate, esse stesse, ad essere dipendenti dall’assistenza economica cinese. Questi stati, a danno degli uyghuri, hanno dovuto consegnare dissidenti uyghuri al regime di Beijing che cercavano asilo – in violazione dei loro obblighi internazionali. In particolar modo, a disturbare è l’accordo non scritto tra le superpotenze le quali hanno tollerato le rispettive politiche di “pulizia interna” in nome della lotta internazionale contro il terrorismo.

L’ironia è: Beijing criminalizza i civili che chiedono in modo pacifico il rispetto dei loro diritti, completa la sua pesante politica di soppressione contro di loro, compie migliaia di arresti e torture; ne giustizia centinaia ogni anno; minaccia l’intera popolazione uyghura; porta a termine l’indottrinamento politico e religioso; chiude le moschee e le scuole religiose clandestine. E, enorme ironia, dimenticando che è una superpotenza che inesorabilmente sopprime un popolo sotto la sua autorità, la Cina urla che essa stessa è vittima del terrorismo, e consegna il nome di alcune persone o di un gruppo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, qualificandoli come terroristi.



Ad aggiungere doppia ironia: la vera superpotenza, specificatamente gli Stati Uniti d’America insieme alle Nazioni Unite, il cosiddetto Governo Mondiale, crede a ciò che la Cina esige ed inserisce questa supposta organizzazione nella lista di terroristi” maggiormente ricercata”.

Signor Presidente, Rispettabili membri del Parlamento italiano,



sono nato e cresciuto in un paese comunista ed io stesso sono fuggito dall’ideologia e dal dogma marxista e maoista, credendo ed ammirando la libertà, i valori morali e l’etica della democrazia occidentale. Ma tutto ciò non corrisponde ai valori morali della democrazia che ho imparato, nei quali ho creduto e che ho ammirato. Questo è un’auto-violazione di questi principi, questo è opportunismo a spese del più debole, questo è collaborazionismo per interesse. Non capisco come la comunità mondiale possa credere, senza una appropriata investigazione, ad un regime che uccide i suoi stessi cittadini (anziché proteggerli) per il loro credo religioso, per il loro pacifico dissenso allorché chiedono democrazia e diritto? Come può la comunità mondiale avere fiducia in un regime che è parte dei Patti internazionali sui diritti umani mentre, allo stesso tempo, li vìola flagrantemente?

In conclusione, ci appelliamo alla comunità mondiale, ed in particolare ai rappresentanti democraticamente eletti dal popolo italiano, amante della pace,:

- Chiedere al vostro governo far accrescere la tematica dei diritti umani, specialmente quelli che riguardano la condizione degli uyghuri alla luca degli eventi dell’11 settembre, nei suoi incontri bilaterali con la leadership cinese;

- Sollecitare il Parlamento Europeo, il Consiglio e l’Unione Europea ad intraprendere una nuova linea per quanto attiene i diritti umani in Cina, come in riferimento al cosiddetto “dialogo” su quest’aspetto dal momento che niente di tangibile è accaduto da quando è stato lanciato;

- Iniziare, inviando una missione parlamentare di investigazione nel Turkestan Orientale, per appurare chi terrorizza chi e chi, in realtà, è la vittima del terrorismo;

- Assistere nella creazione e riconoscimento la nuova emergente voce, democratica e non violenta, degli uyghuri all’estero;

- Aiutare a fermare il regime comunista cinese nell’opprimere una grande nazione che ha enormemente contribuito allo sviluppo delle varie civiltà dell’Asia centrale;

- Premere sul regime cinese affinché fermi la violenza contro suoi cittadini e, al contrario, lanciare un dialogo costruttivo con i rappresentanti del popolo uyghuro per trovare una reciproca ed accettabile soluzione politica ai loro problemi;

- Premere su Beijing affinché rilasci immediatamente tutti i prigionieri di coscienza e fermi il trasferimento illegale di popolazione nel Turkestan Orientale.

Grazie, Sig. Presidente.

(Traduzione: Angelica Russomando)
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