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08/12/2003 | CONVERSIONE DELLE SPESE E STRUTTURE MILITARI IN SPESE E STRUTTURE CIVILI. COMMUNICAZIONE DI MARCO CAPPATO

INTRODUZIONE
Costruire un'alternativa al militarismo e al pacifismo è per noi una sfida ineludibile. L'ideologia pacifista si trova ad essere, oggettivamente o soggettivamente, alleata di chi compie il genocidio o lo sterminio. L'ideologia militarista considera la potenza militare come il principale fattore per determinare le decisioni politiche, con conseguenze di allargamento del perimetro della violenza nelle nostre società.
Contro queste ideologie, la necessità e la legittimità dell'uso delle armi non può che essere valutata caso per caso, prendendo in considerazione innanzitutto il valore della vita e dell'integrità fisica delle persone. Le spese e le strutture militari non possoneo essere semplicemente smantellate, consegnando così il monopolio della forza a regimi dittatoriali. L'obiettivo è invece quello di costruire armi nonviolente che siano ancora più efficaci, e che possano affiancare e gradualmente sostituire le armi di distruzione.

MOZIONE CONGRESSUALE
Una mozione particolare del Congresso del Partito radicale transnazionale di un anno fa a Tirana recitava come segue:
Considerando che:
- è necessario mobilitare risorse per costruire democrazia e legalità laddove non esistono, per organizzare veri e propri « attacchi » nonviolenti di controinformazione, a sostegno di dissidenti, popolazioni oppresse, combattenti della libertà, online ed « offline ».
Il Congresso del partito radicale:
- impegna ad individuare il maggior numero possibile di parlamenti nazionali nei quali introdurre proposte di immediato avvio della conversione delle spese militari, innanzitutto ricorrendo al giacimento di ricerche e progetti certamente di già esistenti ed accantonati a causa di scelte militariste determinate anche dalla pressione delle aziende operanti nel settore;
- le spese e strutture civili dovranno:
* essere gestite sotto stretto controllo parlamentare;
* puntare sull'arma dell’informazione, sulla costruzione di una vera e propria "cintura mediatica globale" delle nuove "Radio Londra" che trasmettano conoscenza ai popoli oppressi, attraverso un'informazione il più possibile incentrata su documentazioni integrali e modelli di comunicazione interattiva.

LA RIVISTA E LO "STATO DELL'ARTE"
Attualmente, con altri compagni radicali, stiamo lavorando alla preparazione di una rivista che faccia il punto sullo stato dell'arte di questo tipo di attività. Il lavoro di indagine in corso ha l'obiettivo di provocare un confronto politico e proposte concrete di iniziativa.

a- Riflessione teorica
Joseph S. Nye, già consigliere di Clinton, chiama “soft power” / "potere leggero": «la capacità di condizionare le preferenze» attraverso «fonti di potere intangibili quali cultura, ideologia e istituzioni in grado di attrarre gli altri». E’ sulla base delle riflessioni di Nye che l’editorialista del New York Times Thomas Friedman ha coniato la formula di “armi di attrazione di massa”.
Anche secondo un recente rapporto dell’Aspen Institute, «i nuovi flussi transnazionali di informazione stanno trasformando alcuni dei termini fondamentali del potere negli affari internazionali.
Fenomeni come l’influenza delle organizzazioni non governative, i movimenti organizzati a livello globale attraverso internet, le manifestazioni degli studenti iraniani convocate attraverso le televisioni satellitari da Los Angeles, pongono sfide dirette alla sovranità e al monopolio degli Stati nella conduzione della politica estera e dimostrano l’efficacia di politiche basate sulla diffusione della conoscenza.

b- L'esperienza pratica esistente
Non si tratta, naturalmente, di concetti nuovi "in assoluto", e già da tempo gli Stati si sono organizzati per realizzare politiche attive di comunicazione.
Dopo l'esperienza di Radio Londra, agli inizi della guerra fredda, con la nascita di Radio Free Europe a Voice of America gli Usa mettevano in piedi un grande apparato per condurre quella che venne presto definita, per distinguerla dalla diplomazia tradizionale, la “public diplomacy” / "diplomazia pubblica", proprio perché diretta, invece che agli Stati, ai cittadini di Paesi esteri.
Dopo l’11 settembre si è riaperto un dibattito sulla necessità di tornare ad utilizzare la diplomazia pubblica per contrastare la crescente diffusione dell’antiamericanismo nel mondo arabo. E’ stata creata Radio Sawa, emittente radiofonica in lingua araba che trasmette brani musicali intervallati da brevi notiziari e che in pochi mesi è divenuta la radio più ascoltata in numerosi Paesi arabi.
Il Broadcasting Board of Governors, la struttura di nomina parlamentare deputata alla direzione e al controllo di tutte le emittenti internazionali del governo americano, ha ottenuto 30 milioni di dollari per lanciare il Middle East Television Network, un’emittente satellitare in lingua araba diretto a tutti i paesi del Medio Oriente. È di oggi la notizia di un simile canale satellitare in arabo deciso dalla Francia, con uno stanziamento di 70 milioni di euro; anche l'Italia fa programmi in arabo su satellite.
Per fare delle proporzioni, il bilancio complessivo degli Usa per le trasmissioni internazionali è pari a 550 milioni di dollari, circa la metà del costo di un singolo bombardiere B-2.

c- Elementi critici
Secondo David Hoffman, in un articolo su Foreign Affairs, le trasmissioni finanziate e gestite direttamente dal Governo americano non potranno che essere viste come strumenti di propaganda, mentre occorre rafforzare e promuovere i media locali indipendenti.
Il discorso di Hoffman, come lui stesso scrive, non riguarda i casi dei Paesi dittatoriali dove non è consentita alcuna forma di informazione indipendente. Ha il merito però di spostare il centro della discussione dal problema di come promuovere all’estero l’immagine degli Stati Uniti a quello di promuovere la libera circolazione delle idee, sancita nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’articolo 19: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.”

RADIO DEGAR
Tornando ai radicali, dopo il Congresso di Tirana sono state prese alcune iniziative, la più concreta delle quali riguarda il tentativo di produrre direttamente informazione per il popolo dei Degar, meglio conosciuti come Montagnard. L'iniziativa "la Voce dei Degar" intrapresa da Radio Radicale a partire dal luglio 2003, e' riuscita a rompere "l'embargo di informazione" cui sono sottoposti i Montagnard. Attraverso trasmissioni radio ad onde corte effettuate da Kok Ksor, Presidente della Montagnard Foundation e Consigliere generale del partito radicale, un messaggio di liberta' e di speranza e' finalmente riuscito a raggiungere gli Altipiani Centrali del Vietnam.
Decine e decine di apparecchi radiofonici sono stati confiscati e - fin dalle prime trasmissioni radiofoniche, con grande sorpresa dei tecnici del settore dato l'alto costo che questo tipo di boicottaggio comporta - sono stati registrati degli inconfondibili tentativi di c.d. jamming, cioe' di interferenza e disturbo delle trasmissioni radiofoniche. Mediante espedienti tecnici, e con l'investimento di ulteriori risorse, tali tentativi di jamming sono stati al momento superati.

PROPOSTE AL PARLAMENTO EUROEO
Forti dell'esperienza di "Radio Degar", al Parlamento europeo sono stati adottati in Commissione bilancio due emendamenti depositati da Gianfranco Dell'Alba, che ora dovranno passare al vaglio della plenaria.

A) VOCE DELL'EUROPA
Alla voce Sviluppo e consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto è stato deciso uno stanziamento aggiuntivo di 20 milioni di euro. Nel commento è stata adottata la specifica seguente:
"Lo stanziamento è altresì destinato a determinare la possibilità di creare una rete radiofonica che possa portare alla realizzazione di una «Voce dell'Europa», al fine di realizzare e diffondere programmi quotidiani d'informazione verso i paesi retti da sistemi totalitari o autoritari. I programmi di questa rete devono essere incentrati sulla situazione dei diritti dell'uomo e delle minoranze nonché sulle attività svolte al riguardo dall'Unione, e diffusi nella o nelle lingue locali.

B) FINANZIAMENTO DI STAZIONI E TRASMISSIONI RADIOFONICHE
È stata adottata questa specificazione nei "commenti" della linee di bilancio:
(...) "promuovere l'indipendenza e la responsabilità dei media, attraverso il finanziamento di stazioni e trasmissioni radiofoniche, nonché sostenendo la libertà di stampa e il rispetto del diritto alla libertà sindacale e alla libertà di riunione'
- alla voce Assistenza ai paesi dei Balcani occidentali, Assistenza alla Serbia ed al Montenegro e Aiuto alla ricostruzione del Kosovo, si parla di "finanziamento di stazioni o trasmissioni radiofoniche specifiche, dell'indipendenza dei media, della legalità (...)'

IL QUADRO ISTITUZIONALE PER L'UTILIZZO DELLE ARMI DI ATTRAZIONE DI MASSA
La scelta di puntare sulle armi della conoscenza non è una scelta priva di rischi. L'informazione manipolata può distruggere un popolo, la sua cultura, la sua coscienza civile. All'interno delle nostre stesse democrazie, il rapporto tra media e potere e sempre controverso. Il movimento radicale si è ad esempio battuto anche ricorrendo a scioperi della sete e della fame per l'affermazione del diritto dei cittadini italiani a "conoscere per deliberare".

Le spese e strutture civili devono dunque essere scelte facendo attenzione non solo alla distinzione tra informazione e propaganda, ma anche al processo decisionale: proprio come le operazioni militari anche le armi dell'informazione sono rafforzate da un quadro di legalità e di consenso. Nel momento in cui si pensa di promuovere la democrazia attraverso la conoscenza, va anche stabilito chi è legittimato a prendere tali decisioni e in quali condizioni è legittimato a farlo. La risposta radicale è quella dell'Organizzazione Mondiale della democrazia e delle democrazie, cioè di un quadro istituzionale e di regole che affermino concretamente il diritto individuale alla democrazia nei confronti degli Stati e nei rapporti tra Stati. Dovrà dunque in prospettiva essere l'OMDD a decidere le forme e l'intensità del ricorso ad armi nonvolente di attrazione di massa.

PROPOSTE CONCRETE:
Riguardo alle proposte concrette per il futuro, ribadisco la necessità di approfondire il tema attraverso il lavoro di preparazione della rivista, e di un convegno che intendiamo organizzare. I punti che finora sono emersi come cruciali sono:

1) potenziamento degli esperimenti radicali
Nel Consiglio generale del partito radicale transnazionale ci sono personalità che rappresentano lotte contro regimi oppressivi: ceceni, uiguri, laotiani, vietnamiti, molucchesi, russi; altri ne abbiamo incontrati in tanti anni di azione alle Nazioni unite, da Cuba, dalla Tunisia, dalla Cambogia, dal Libano ,dall'Egitto, dall'Iran. È possibile immaginare che siano messi a disposizione finanziamenti anche privati per creare un vero e proprio network di dissidenti e oppositori di tutto il mondo, che condivida le migliori pratiche e tecniche di resistenza nonviolenta e che consenta di organizzare manifestazioni nonviolente contemporanee in più parte del mondo, come è accaduto con il satyagraha per l'inserimento di donne nel Governo afghano, nel dicembre 2001, o la manifestazione per il Vietnam l'anno successivo. Un'idea è quella di organizzare un concerto con la partecipazione di musicisti internazionali, per il finanziamento di questo network e la trasmissione di messaggi per la democrazia e la nonviolenza.

2) chiedere nei parlamenti il potenziamento delle strutture esistenti
I Paesi che si fanno portatori di una politica estera particolarmente attiva, dispongono già di circuiti multimediali con i quali portano informazioni in altri Paesi, ma il bilancio dedicato a questo settore è solitamente meno di un millesimo delle spese militari.

3) promuovere nei Parlamenti studi di fattibilità per concepire un salto di qualità di tali strumenti, studiando l'eventuale impatto di un aumento esponenziale delle spese per portare nel mondo le "armi di attrazione di massa".
- quale è la soglia massima di conoscenza tollerabile per un regime dittatoriale?
Questa domanda potrebbe sembrare a prima vista troppo complessa per trovare una risposta; sono implicate troppe variabili, sociali, culturali, economiche, politiche, religiose. Ma chi prepara un piano militare, di attacco e di ricostruzione di un Paese, deve comunque confrontarsi con questa complessità, e investire il lavoro di migliaia di persone soltanto per elaborare quel piano di guerra. Allo stesso modo è realistico immaginare l'elaborazione di piani per determinare l'impatto - per far cadere questo o quel dittatore, di un contatto quotidiano continuativo (ad esempio per due anni il 10% di quei cittadini, o il 50% per sei mesi) con radio, tv satellitari, bombardamenti di volantini, che informassero sulle malefatte del regime, sulle ricchezze accumulate, sulle iniziative dei dissidenti.

Per realizzare piani come questi, la strada è certo lunga, e se il nemico sono i regimi dittatoriali, anche gli interessi statalisti e burocratici che ruotano attorno al complesso militare e industriale dei Paese democratici costituiscono un ostacolo. Le parole di Mohandas Gandhi ci danno speranza:

"In questi giorni - disse Gandhi il 25 Agosto 1940 - rimaniamo ad ogni istante sbalorditi dalle sconcertanti scoperte fatte nel campo della violenza. Ma io affermo che nel campo della nonviolenza verranno fatte scoperte ancor più sbalorditive ed apperentemente impossibili".
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