(www.radicalparty.org) DOCUMENTS ON: E.U. / DOC.TYPE: STUDY DOCUMENTS
send this page | invia questo testo


30/06/2007 | “Europa” delle Patrie o Patria Europea? Intervento di Umberto Gambini al Comitato di Radicali Italiani

• Intervento di Umberto Gambini al Comitato di Radicali Italiani del 29 Giugno 2007

“Europa” delle Patrie o Patria Europea?

Per una comunità euro-mediterranea delle democrazie:

 

per la “Membership” e non la “Partnership”, per l'adesione della Turchia e di Israele, ma anche, delle future democrazie della sponda Sud del Mediterraneo in una grande Unione Euro-mediterranea federale – Nel quadro del grande rilancio di una autentica politica della Pace e dell’iniziativa nonviolenta del primo “SATYAGRAHA MONDIALE PER LA PACE”

 

         Dalle cose che ha detto Gianfranco Dell'Alba e dalle cose che diciamo e che dice Pannella da 6 mesi, viene la conferma gravissima dell'affermarsi, del prevalere della Gollista Europa delle Patrie.

         Mentre abbiamo il Manifesto di Ventotene clamorosamente anti-sovranità nazionale e anti-nazionalismi. Mentre strutturalmente, storicamente la grande crisi Medio-Orientale appare sempre di più come attuale pericolo dell'esplosione Mondiale di guerra, barbarie, di violenza, di inciviltà che può essere superato strutturalmente, superando le sovranità nazionali assolute a favore di una Grande Riforma che è strutturale, laica, federalista, democratica, ci troviamo dinanzi alla Patria Europea concepita, creata negli ultimi 40 anni a essere battuta innanzitutto nei sentimenti, nelle speranze del popolo e dei popoli europei, per il trasformarsi contro-riformistico della Unione Europea, della Patria europea con una sorta di Europa degli Stati nazionali, delle Patrie nazionalistiche, dall'Atlantico agli Urali.

         Guardando, da una parte, alla situazione attuale e alll'evoluzione sempre più drammatica del intero Medio-Oriente (Palestina, Israele, Siria, Libano, Irak...) e dall'altra parte, l'involuzione di questa Unione Europea sempre più delle Patrie tanto cara a De Gaulle, urge rilanciare una vera alternativa ambiziosa e coraggiosa, una visione guidata da “idee forze” e valori come la democrazia, lo stato di diritto, la giustizia, il rigetto di tutti i nazionalismi e la nonviolenza.

            Noi siamo convinti del fatto che bisogna intervenire subito per riformare  contemporaneamente questa Europa e questo Medio-Oriente! Il mantenimento dello “Status Quo” non è più sostenibile!

         È urgente e necessario rilanciare, da una parte, una visione federale della Patria Europea, e, dall'altra parte, riformare la politica Medio-Orientale e Mediterranea dell'UE. Per questo, diciamo BASTA PARTNERSHIP E SUBITO MEMBERSHIP per Turchia e Israele come punto di partenza per questa rivoluzione laica e democratica.

         Bisogna ricordarci e ricordare che la “culla dell'Europa è il Mediterraneo” però solo se nelle radici si includono anche quelle musulmane! Infatti, assieme alla civiltà egizia, la civiltà greca, la civiltà romana, la civiltà ebraica, la civiltà cristiana furono tutte Mediterranee. E sicuramente, in quanto tali, radice principale della nostra Europa. Il Rinascimento, l'Illuminismo, La Riforma, il laicismo, il liberalismo, il socialismo, la democrazia ne rappresentano la forza civile e religiosa che ne hanno fatto una protagonista straordinaria, nel bene e anche nel male, della storia dell'umanità.

         Per questo Israele è Europa. Non solamente perché oltre un terzo dei suoi cittadini avrebbe già oggi il pieno diritto ad un'altra cittadinanza nazionale europea, oltre a quella israeliana. È gravissima la strategia puramente nazionale e nazionalista nella quale lo Stato di Israele rischia di essere tragicamente rinchiuso. Israele infatti rappresenta da mezzo secolo anche una straordinaria testa di ponte d'Europa e della democrazia sul territorio del Medio Oriente, del quale occupa solamente lo 0,2% del territorio e l'1% della popolazione. Come sappiamo, sondaggi ufficiali della Commissione Europea hanno rivelato che oltre l'80% degli israeliani vuole da subito la piena adesione di Israele all'UE, malgrado l'anti-israelismo che ha caratterizzato per lunghi decenni gran parte della politica degli stati europei. Ecco alcuni dei principali motivi per i quali è urgente che l'Unione conduca una politica meno cieca, meno vile, meno conservatrice, meno attendista di quanto non abbia fatto fino ad oggi. E Israele riacquisti idealmente e politicamente la straordinaria forza ideale e umanistica del primo Sionismo.

            Noi siamo peraltro convinti che le strutture decisionali dell'Unione Europea vanno anch'esse riformate. Il Consiglio dell'UE (come si è verificato anche recentemente con la Moratoria sulla Pena di Morte) ritarda, impedisce la possibilità di una vera politica estera e di difesa dell'Unione. Come ricorda spesso Pannella, Francia e Germania non sono affatto più quelle di Schumann e di Adenauer, la Francia è sempre più erede della politica di De Gaulle (l'Europe des Patries) dall'Atlantico agli Urali (russo-sovietici allora). Le posizioni assunte da Sarkozy confermano questa tendenza. La Germania sembrerebbe divenire l'erede della politica del giustamente oggi ignorato Ollenauer, il paleo-socialista nazionalneutralista avversario del grande leader democristiano Adenauer.

         In queste condizioni, mancando una politica estera e di difesa comune, è giocoforza averne di diverse, “minori”, di settore, anonime nella leadership, ben presto autoburocratizzabili, specie per ritmi di esecuzione e per mancanza di appeal politico, popolare e mediatico; se non nei corridoi e nelle caves istituzionali brussellesi e delle burocrazie governative nazionali.

         Il 27 e 28 Novembre prossimo (subito dopo il nostro prossimo Congresso INSHALLAH), si celebrerà il 12esimo anniversario (o funerale) del Processo di Barcellona, ossia del Partenariato Euro-Mediterraneo lanciato dal UE nel 1995. A 12 anni da questo evento, quasi tutti gli attori in gioco riconoscono che il Partenariato non ha realizzato gli obiettivi che si era prefissato: basta pensare che sul piano economico, l'obiettivo era creare una zona di libero scambio nel area Euro-Mediterranea entro il 2010! Per esempio, tutti sono al corrente che l'UE non ha (IN QUESTI 12 ANNI) e non intende liberalizzare e togliere le barriere protezioniste nel settore dell'agricoltura, continuando cosi a perpetuare la sua politica ipocrita verso i paesi della sponda Sud. Sul piano politico, il Partenariato si è rivelato inefficace per trasformare i Paesi del Sud del Mediterraneo in regimi democratici. Infatti, l'UE ha continuato a firmare accordi di associazione (senza sospenderli) non rispettando la clausola numero 2 che si riferisce ai Diritti fondamentali.

         Inoltre, nel Marzo del 2003 la Commissione Europea ha lanciato la Politica Europea di vicinato, che si è risolta in un altro, mero apparato burocratico che si è sovrapposto al già esistente Partenariato di Barcellona e mostrando chiaramente espressione e conseguenza di vuoto di politica. D'altra parte, questo era fortemente implicito e conseguente alla formula sempre, tuttora reiterata del Presidente Prodi: “Tutto tranne le Istituzioni”! Dove tutto si è rivelato niente, tranne che l'ulteriore, insostenibile pesantezza di una Unione nazional-burocratica dell'Europa delle Patrie. Per noi federalisti al contrario, tutto è proprio nelle regole e nei principi federali, politici, democratici degli Stati Uniti d'Europa.

         L'Europa deve per altro rendersi conto che la psicosi della sicurezza “smonta” l'Europa. Questa psicosi è da sempre letale per gli Stati di Diritto e democratici, comunque la membership turca nella UE assicurerebbe quello che molti degli altri stati dell'Unione non hanno assicurato e non assicurano nemmeno oggi: la chiarezza, la durezza di una politica. Per oltre 50 anni la Turchia, pur con parentesi di stampo dittatoriale, sia con governi laici di sinistra che di centro-destra, sia ora – sempre più – con il Governo democratico islamico di Erdogan, ha costituito in modo esemplare, unico, un bastione della difesa dell' “Occidente”, e dell'Europa dei Trattati, dell'Europa libera e democratica. La sua presenza a pieno titolo nell'UE rafforzerebbe il bastione avanzato della politica “atlantica” fin nell'interno dell'ex impero sovietico (dove la turcofonia giunge vicino alle falde dell'Himalaja). Ancor più. Si rafforzerebbero, non solo quantitativamente i confini d'Europa soprattutto sul fronte del monolite dittatoriale e/o “terrorista islamista”, di cui la Turchia costituisce un bastione, l'alternativa di un progresso laico e democratico dell'intera area, e non solo. Di certo si valorizzerebbe “quel ponte verso la democrazia” di cui tanti parlano.

         Inoltre, sulla questione della religione, la Turchia è uno Stato al 98% costituito di cittadini per l'anagrafe islamici, così come in Italia anagraficamente i cattolici “sarebbero” il 95%. Quello che conta è che il bastione laico-islamico alimenti urgentemente forza e prestigio dell'Europa. Potrà accelerare, nell'intero Medio Oriente la rivoluzione laica e democratica che gli urge. Che urge d'altra parte ai democratici del mondo intero, contro i vari fondamentalismi che pretendono di impedire quella libertà di ricerca che è necessaria alla conoscenza, alla scienza, alla stessa religiosità contemporanea.

 

         Bisogna prendere coscienza della situazione politica attuale dell'UE. La posizione di Sarkozy sulla Turchia e la sua proposta di “Unione Mediterranea” è all'opposto della nostra posizione. Lui vuole mantenere un partenariato (e dunque “tutto tranne le Istituzioni”) economico con i paesi del Nord Africa. È fortemente contrario all'adesione della Turchia e dunque può paralizzare i negoziati.

 

            Sfruttare e cercare di coinvolgere  Blair nel suo nuovo ruolo per il Medio-Oriente. In Medio-Oriente assistiamo ormai da 59 anni un Processo di Pace che ha “molto processo e poca pace”! Bisogna convincere le elite europee, arabe e israeliane che il principio “territori contro Pace” non ha funzionato e non funzionerà mai! Ormai anche le Nazioni Unite si sono convinte dell'impossibilità di una soluzione a due Stati. La nostra proposta “Due popoli, due democrazie” è sempre più attuale.

 

l        Rilanciare al più presto l’iniziativa nonviolenta del primo grande “SATYAGRAHA MONDIALE PER LA PACE” volto a rapidamente promuovere e costruire e realizzare un'alternativa STRUTTURALE alla minaccia, alla probabilità di un prossimo tremendo conflitto che, divampando dal Medio Oriente, si estenda rapidamente al mondo intero.

 

l        La situazione del Medio Oriente persiste e si aggrava da decenni. Si tratta, dunque, di una situazione strutturale che produce in quanto tale conflittualità costante, e conflitti sempre più gravi continui. Oggi basta guardare alla situazione in Palestina, Israele, Libano, Siria, Iraq per rendersi conto che siamo sull'orlo del precipizio.

 

l        Urge, quindi, ormai (se non è già troppo tardi), costruire una pace, come alternativa strutturale, politica e istituzionale, a questo corso rovinoso delle cose.

 

l        Il Primo Satyagraha Mondiale per la PACE, di ispirazione gandhiana e nonviolenta, ha per obiettivo un urgente intervento politico e istituzionale, di Riforma delle caratteristiche strutturali delle politiche che si scontrano in Medio Oriente e, a partire da lì, nel mondo.

 

l        Il carattere nazionale e sostanzialmente nazionalista, la blindatura ideologica di tutti gli Stati medio -orientali- incluso quello democratico dello Stato di Israele, è un pericolo manifestamente gravissimo, letale per Israele stessa e per l'intera area medio orientale.

 

l        Il superamento della sovranità nazionale assoluta come causa di guerre e ipoteca contro lo sviluppo civile e democratico, è alla base del processo federalista europeo lanciato da De Gasperi e Altiero Spinelli, nel quale sono oggi attori pieni 27 Stati democratici, e coinvolti positivamente altri, sì da costituire ormai una comunità di mezzo miliardo di persone dai confini in continua espansione.

 

l        E’ un vero scandalo intellettuale, antropologico che Unione europea e Israele, con la convergenza di Stati Uniti, non abbiano di già corretto questa situazione patologica: che la sola democrazia consolidata di un territorio - del quale occupa lo 0,2% - si illuda e quindi scelga lo strumento della sovranità nazionale assoluta, sia portata ad una logica di sopravvivenza necessariamente armata, militare, di perenne stato di eccezione. Dunque, è urgente che Israele operi nel quadro giuridico, civile, politico, dell’Unione europea, quale regione - per ora, sottolineiamo: per ora - di frontiera di una comunità istituzionale di mezzo miliardo di persone, con le sue regole, leggi, giurisdizioni, il suo parlamento democratico e un suo potere esecutivo (di certo imperfetto e inadeguato, ma pur sempre corrispondente e legittimato dai suoi trattati costitutivi).

 

l        In Medio Oriente questo non accade, è anzi spesso tradito, ignorato. Si è sin qui posto l’accento esclusivo sul diritto dei Popoli a uno Stato nazionale, e alla sua assoluta sovranità. In tal modo si realizza l’aberrazione di consolidare anziché rimuovere gli ostacoli, frapposti in tanta parte del mondo, al riconoscimento e all’esercizio dei Diritti umani fondamentali.

 

l        Stati nazionali che non si fondano su questi diritti e sul diritto che dovrebbe essere vigente, e non lo è, costituiscono violenza e non diritto, producono guerre civili contro le libertà e la vita dei propri popoli e dei loro membri. I palestinesi hanno innanzitutto il diritto di non vedersi imposto una qualsiasi forma di Stato che non sia espressione e forza dei loro diritti umani, politici, sociali, di coscienza.

 

l        Se questo viene acquisito, Palestina, Libano, con Israele e la Giordania a ciò molto vicina, con la Turchia e il Marocco che ha chiesto ufficialmente l’adesione alla Unione europea sin dal 1987, e tutto il sud mediterraneo dove affondano le radici più profonde dell’Europa, vedranno riconosciuti ai propri cittadini e ai loro popoli i diritti di coscienza, sociali, economici, politici senza i quali non v’è libertà, non v’è democrazia, non v’è pace (se non sotto la forma di guerra civile di oppressione del proprio popolo).

OTHER LANGUAGES