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01/01/2003 | PER UNA ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLE DEMOCRAZIE E DELLA DEMOCRAZIA Documento di presentazione della campagna del Partito Radicale Transnazionale ai membri dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa |
1. La “Community of Democracies” : da Varsavia a Seoul 2. Il Partito Radicale Transnazionale e la “Community of Democracies”: alcune idee per il suo sviluppo 3. Verso una trasformazione del Consiglio d’Europa in “Consiglio Mondiale delle Democrazie” 1. La “Community of Democracies”: da Varsavia a Seoul La Community of Democracies nasce a Varsavia nel giugno 2000. In quella sede i Paesi fondatori (il Convening Group composto da Cile, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, India, Mali, Messico, Polonia, Portogallo, Sud Africa e Stati Uniti) si erano impegnati, con l’adozione di una dichiarazione finale, alla costruzione di una Community of Democracies, come associazione di Paesi democratici dediti al rafforzamento dei valori e delle istituzioni democratiche a livello nazionale e internazionale. Dal 10 al 12 novembre 2002 il governo della Repubblica di Corea ha ospitato la seconda Conferenza Ministeriale della Community of Democracies, alla quale hanno partecipato, su invito del Gruppo promotore, i rappresentanti di 110 Paesi e organizzazioni internazionali. La Conferenza Ministeriale di Seoul si è conclusa, il 12 novembre, con l’adozione di un Piano d'Azione e di una dichiarazione degli Stati della Community of Democracies sul terrorismo. I partecipanti alla Conferenza hanno riaffermato i principi della Dichiarazione di Varsavia e gli obiettivi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite e negli altri strumenti internazionali a protezione dei diritti umani, mirando alla protezione e al consolidamento della democrazia a livello mondiale attraverso la cooperazione come risposta valida alle minacce ricorrenti alla democrazia. Rispetto alla dichiarazione di Varsavia, il Piano d’Azione di Seoul contiene anche procedure per mettere in pratica la volontà di consolidare e proteggere la democrazia nei suoi vari aspetti. In particolare nelle procedure si fa riferimento all’incoraggiamento da parte del gruppo promotore e di altri Paesi interessati che fanno parte della Community of Democracies, della formazione di coalizioni e caucus di supporto alla democrazia. Se è vero che non si fa menzione specifica dell’ambito in cui tali caucus possano essere istituiti, viene spontaneo immaginarli all’interno di organizzazioni già operanti, come le Nazioni Unite o le varie organizzazioni regionali. Inoltre viene specificato che il Gruppo promotore fungerà da punto di collegamento tra regioni e organizzazioni regionali per promuovere la condivisione delle migliori pratiche e idee. E’ nostra convinzione che, in questa fase, diventino fondamentali sia l’allargamento del Gruppo Promotore ad altri Stati che ne facciano ufficialmente richiesta, sia l’adozione da parte del Gruppo Promotore di regole per il suo stesso funzionamento e la sua convocazione. Una necessità, quest’ultima, che i ministri degli esteri del Gruppo Promotore avevano già esplicitamente riconosciuta impegnandosi, il 12 settembre 2000, in un comunicato congiunto, a elaborare procedure per la direzione delle attività del Gruppo Promotore e di quelle di “democracy caucuses” informali, ma alla quale non avevano mai dato seguito pratico. 2. Il Partito Radicale Transnazionale e la “Community of Democracies”: alcune idee per il suo sviluppo Nel quadro del forum delle Organizzazioni Non Governative parallelo al meeting della Community of Democracies di Seoul, Il Partito Radicale Transnazionale ha portato alcune proposte concrete per l’istituzione di una vera e propria “Organizzazione Mondiale delle Democrazie e della Democrazia”, proposte adottate nel corso del suo 38° Congresso, tenutosi a Tirana, in Albania, dal 31 ottobre al 3 novembre 2002. In particolare, il Partito Radicale Transnazionale ha proposto: 1) L’istituzione formale di un Segretariato permanente della Comunità delle Democrazie, fatto di rappresentanti dei Paesi del gruppo promotore (Convening Group), avente il compito di mettere in atto la Dichiarazione di Varsavia del 2000 e il Piano d’Azione di Seoul del 2002 e di elaborare un progetto che, attraverso Conferenze Preparatorie Intergovernative, potrà giungere all’obiettivo della convocazione di una Conferenza Diplomatica per l’istituzione formale di una Organizzazione Mondiale della Democrazia. 2) La formazione ufficiale di Democracy Caucuses, di gruppi di Paesi democratici, all’interno del sistema delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali e regionali come il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione degli Stati Americani. Tali caucuses dovrebbero riunirsi almeno sei volte l’anno e occuparsi dell’effettiva applicazione (implementation) dei Trattati istitutivi di tali organizzazioni. 3) Priorità data nei forum internazionali e nei Democracy Caucuses al rispetto dei diritti umani e dei principi democratici nelle procedure di elezione degli organi e di nomina degli esperti negli organi di monitoraggio. 4) Promozione sia all’interno della Commissione sui Diritti Umani dell’ONU sia dell’Assemblea Generale, di risoluzioni miranti alla istituzione di un Comitato Preparatorio con la funzione di presentare proposte che portino alla nascita dell’Organizzazione Mondiale della Democrazia. 5) Promozione di iniziative alle Nazioni Unite che, attraverso l’adozione di risoluzioni da parte dell’Assemblea Generale, riconoscano il rinvio al Consiglio di Sicurezza di situazioni in cui le violazioni sistematiche dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto vengono considerate una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. 3. Verso una trasformazione del Consiglio d’Europa in “Consiglio Mondiale delle Democrazie” Diverse sono le ragioni a sostegno di una trasformazione del Consiglio d’Europa in Consiglio Mondiale delle Democrazie. La prima risiede senz’altro nei criteri di appartenenza a quest’organizzazione. Per diventare membri del Consiglio d’Europa gli Stati candidati devono, in effetti, non solo optare chiaramente e concretamente per la democrazia e lo Stato di diritto ma anche impegnarsi ad accogliere nelle proprie legislazioni un certo numero di criteri aggiuntivi (abolizione della pena di morte, ratifica di convenzioni, …). L’appartenenza al Consiglio d’Europa costituisce “in cambio” da una parte una specie di certificato di “esistenza in democrazia”, di “rispettabilità democratica”, dall’altra di un incentivo alla democratizzazione o alla preservazione della democrazia. Altra fondamentale ragione di tipo positivo riguarda il contenuto. Che si tratti di riformare le Nazioni Unite, di inventare una nuova organizzazione internazionale o di trasformare un’organizzazione esistente, una delle questioni fondamentali che va affrontata è quella del salto di qualità da compiere in termini di acquisizione di nuovi segmenti di diritto internazionale e, più ancora, di giurisdizione internazionale. Un esempio indubitabile di un salto di qualità in termini di allargamento del perimetro del diritto internazionale e della giurisdizione internazionale viene dall’esperienza della Corte europea dei Diritti Umani. Un tribunale internazionale con competenza sussidiaria rispetto alle giurisdizioni nazionali, che ha avuto un ruolo fondamentale nella difesa dei diritti fondamentali nel corso dei suoi cinquant’anni di vita, dando ai cittadini europei la possibilità di appellarsi a una istanza al di sopra dell’istanza più alta del proprio Paese e obbligando gli Stati membri a rivedere le proprie leggi in base alle sentenze emesse dalla Corte. Un’altra ragione risiede sia nel processo di allargamento dell’Unione europea sia nel processo di approfondimento (con beneficio d’inventario dopo la fine del processo in corso di riforma dei trattati) dell’Unione europea che tende a creare una superposizione tra le due istituzioni. Trasformare il Consiglio d’Europa in Consiglio Mondiale delle Democrazie consentirebbe quindi di dargli una nuova ragione sociale. Una simile prospettiva potrebbe essere anche l’occasione, alla luce dell’esperienza del Consiglio d’Europa di questi cinquant’anni, per rafforzarne i meccanismi “integratori”, “federatori”, “sovranazionali”. In particolare andrebbero approfonditi e rafforzati i vantaggi comparativi derivanti dall’appartenenza all’organizzazione nel campo economico (accordi commerciali e di cooperazione preferenziali) o nel campo culturale. Così come andrebbero rafforzate le competenze dell’attuale Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, in particolare per quanto riguarda il controllo su materie che sono oggetto di un trattato internazionale firmato dall’insieme degli Stati membri di una futura Organizzazione Mondiale delle Democrazie. Si può pensare al Sesto Protocollo (o ai trattati o convenzioni simili) sull’abolizione della pena di morte, al Trattato di Ottawa sulle mine antiuomo, al Trattato di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas ... Sempre all’Assemblea parlamentare andrebbe dato il potere di istituire commissioni d’inchiesta con reali ed estesi poteri di investigazione. Per quanto riguarda il Comitato dei Ministri, organismo a oggi di tipo quasi esclusivamente intergovernativo, si potrebbe procedere a una serie di modifiche “regolamentari” attinenti alle sue modalità decisionali, introducendo in particolare delle procedure di voto non più all’unanimità ma con maggioranze (super)qualificate. Infine va contrastata una falsa cattiva ragione. Quella che vede nella natura europea di questa organizzazione una ragione per qualificare la sua trasformazione in Consiglio Mondiale delle Democrazie come un’operazione di chiaro stampo eurocentrico. E’ evidente che la trasformazione del Consiglio d’Europa in Consiglio Mondiale delle Democrazie implicherebbe fare di un organismo europeo le fondamenta (incluso, per quanto riguarda la Corte, l’enorme bagaglio giurisprudenziale) di un organismo internazionale. Va però notato che questo fatto, in effetti incontrovertibile, non ha impedito agli Stati Uniti, al Giappone, al Messico, a Israele, al Canada di aver chiesto e ottenuto lo status di membri osservatori al Comitato dei Ministri o all’Assemblea parlamentare. Così come è indicativo l’approccio non restrittivo che il Consiglio ha scelto al momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica. Oltre alla Russia, sono oggi membri a tutti gli effetti del Consiglio l’Armenia, la Georgia e l’Azerbaijan, mentre la Turchia è membro da parecchio tempo. Così come l’identità del Consiglio d’Europa di oggi non ha più molto a che vedere con quella che era la sua al momento della sua fondazione, e non mancherebbe di prendere una nuova fisionomia con l’adesione di Paesi democratici africani, americani, asiatici o oceanici. L’unico criterio “identitario” che andrebbe mantenuto (e per certi versi ri-potenziato) è quello della qualità dell’aderenza ai principi democratici e dello Stato di diritto dei nuovi (ma anche degli “anziani”) membri. La proposta è quindi quella di una graduale trasformazione del Consiglio d'Europa in un Consiglio Mondiale delle Democrazie, aprendone l'adesione a Paesi extraeuropei e con un ampliamento delle sue strutture: l'allargamento dell'Assemblea Parlamentare, del Comitato dei Ministri e della Corte Europea di Diritti Umani. Il Consiglio d’Europa avrebbe già tre degli organi individuati da alcuni come necessari in un Consiglio Mondiale delle Democrazie: un Segretariato, un'Assemblea di Parlamentari e un'Assemblea di Governi e possiede, in più, un tribunale con competenza internazionale che ne costituisce l'atout. Per gli Stati membri, pertanto, i benefici potrebbero essere di due tipi: un beneficio di tipo politico, anche in termini di prestigio, e un beneficio di tipo economico attraverso l’appartenenza, per esempio, a un comune spazio economico o attraverso il mutuo riconoscimento di tariffe doganali preferenziali. L'appartenenza al Consiglio Mondiale delle Democrazie si fonderebbe sul riconoscimento e il rispetto dell’insieme dei principi e dei valori riconosciuti dai trattati e dalle convenzioni sui quali si fonda attualmente il Consiglio d’Europa, nonché su altri impegni che i membri fondatori del Consiglio Mondiale delle Democrazie. |